Nata ceramista in un contesto da subito internazionale, quindi solo in parte legata al dibattito italiano, Carlini identifica nell’argilla soprattutto il valore atavico di materia, e nella dimensione architettante, in dialogo con altre materie, il proprio luogo naturale. Lavoratrice instancabile sino all’ossessione, curiosa e fervida sperimentatrice, Carlini ha scelto per sé il motto di Annibale Carracci, il quale rifiutò di partecipare a una dotta conversazione sull’arte perché, disse, “Noi altri dipintori habbiamo da parlar con le mani”: fare, sempre, lasciando ad altri i discorsi. La Fondazione Maria Cristina Carlini, ora, veste le sue opere del discorso necessario per comprenderle appieno. È un luogo fisico, collocato assai opportunamente vicino all’officina in cui l’artista concepisce e opera, in cui sono ordinatamente conservati tutti i documenti relativi al lavoro, resi consultabili al pubblico di studiosi, appassionati, semplici curiosi, a fianco della bibliografia più generale relativa alla cultura del suo tempo e ai rapporti che con il proprio tempo Carlini ha intrattenuto. Ed è un luogo digitale in cui la mole ormai vastissima delle sue sculture è documentata partitamente, frutto di un lavoro puntuale e certosino di identificazione, ricostruzione, inquadramento di ogni singolo passaggio. Affidata alla direzione scientifica di Flaminio Gualdoni, storico dell’arte dall’indiscutibile competenza nell’ambito della scultura contemporanea, la Fondazione Maria Cristina Carlini ha nel suo programma l’organizzazione di eventi – mostre, conferenze, seminari, pubblicazioni – volti ad ampliare e approfondire la conoscenza di tutto il corso di opere che hanno segnato il viaggio artistico della grande scultrice.